Intervista al presidente Unione degustatori Birre, Mauro Pellegrini

birre

L’evento b2b a Verona fino a mercoledì

«I BIRRIFICI ARTIGIANALI PIONIERI PER INNOVAZIONE, VARIETÀ E QUALITÀ
XCELLENT BEERS VETRINA UNICA PER OPPORTUNITÀ DI BUSINESS E INCONTRI»

Verona, 14 aprile 2024. Fino a mercoledì 17 aprile, in concomitanza con la 56ª edizione di Vinitaly e con la 28ª edizione di SOL (International Olive Oil Trade Show), Veronafiere ospiterà Xcellent Beers, il salone della birra artigianale con espositori nazionali e internazionali, rivolto a un pubblico business e professionale, dall’Horeca alla Superhoreca, dai locali dotati di “carte delle birre” (o che vogliono realizzarla), per abbracciare anche il canale del commercio online.

Abbiamo parlato con Mauro Pellegrini, fondatore e presidente dell’Unione Degustatori Birre, una delle realtà più dinamiche a livello nazionale in tema di produzione artigianale, per un quadro sulle tendenze e sul futuro del settore.

Presidente Pellegrini, qual è il trend dei birrifici artigianali in Italia?

«I birrifici artigianali italiani hanno un’aura di positività, di spensieratezza che farebbe pensare ad un lungo e continuo susseguirsi di successi commerciali, sull’onda dell’incremento costante dell’interesse dei consumatori per questo tipo di offerta. In realtà, il periodo del Covid è stato difficilissimo e il rilancio successivo non è stato così dirompente. Alcune città, come Roma in particolare e Milano, trainano il mercato dell’artigianale con percentuali di scelta molto elevate, anche fino al 20%, ma la media nazionale resta ancorata più o meno al 4% del bevuto di birra complessivo e non ci sono grandi forecast di cambiamento. Le aziende sono quasi tutte piccolissime ed ogni problema di flusso di cassa viene visto con grande apprensione. Un trend fondamentale è quello di dotarsi di una tap-room, di un pub o, comunque, di un punto mescita, che in alcuni casi è diventato uno o anche più ristoranti, diffusi non soltanto nel territorio di origine del birrificio.

I birrifici artigianali sperimentano e alzano l’asticella, sono i veri pionieri, perché cercano di allargare il proprio mercato proponendo costantemente novità e cercando di allargare il proprio mercato a nicchie di buona consistenza. Un esempio eccezionale è l’uso dei luppoli: appena uscite, le novità agronomiche e tecnologiche vengono subito accolte e utilizzate per produrre nuovi prodotti. 

C’è una forte tendenza alla riscoperta, ma anche all’innovazione e all’ibridazione degli stili a bassa fermentazione: “facili” da bere ma non certo da produrre e da conservare, questa grande famiglia non può ormai mancare nella proposta dei birrifici italiani. 

Grande interesse c’è anche nei confronti dei prodotti low e no alcohol: superati determinati limiti produttivi, questa ondata pare stia arrivando anche nel mondo craft. Ne parleremo con un talk specifico domani, lunedì 15 aprile (ore 12, Area degustazione birre), ascoltando il punto di vista di produttori, distributori e publican. Ultimo, ma non certo meno importante, l’orientamento di qualche birrificio a proporre Beer Cocktails premiscelati, in lattina: è un fenomeno non marginale, perché coinvolge anche le proposte di molti birrifici con tap room o punto mescita. 

Da menzionare, fra le tendenze emerse, anche le Italian Grape Ale, che continuano a sollecitare l’interesse e la curiosità di un pubblico molto variegato, e rappresentano indiscutibilmente l’anello di congiunzione tra la birra ed il vino. Due mondi diversi, ma con tanti elementi di dialogo comune. Anche alle fermentazioni spontanee rappresentano una nicchia di grande contenuto storico e degustativo, che con il traino del vino “naturale” potrebbe avere nuova linfa anche dal punto di vista distributivo». 

È possibile tracciare un identikit degli appassionati di birre artigianali?

«Sicuramente è la fascia di età 21-35 a rappresentare il fulcro del target dei birrifici artigianali: lo si evince anche soltanto dalle scelte grafiche dei vari birrifici per le loro bottiglie, lattine e medaglioni da spina. Sono tutti orientati a creare una forte appetibilità cromatica e iconica nei confronti di questo target. Però c’è un ottimo riscontro anche nella fascia di età superiore, ovvero quella 36-50: un segmento molto appetito, perché alto spendente rispetto a quello precedente. Qui la proposta si fa più elegante, levigata e orientata anche alla ristorazione e al consumo domestico, più che al pub. Stiamo parlando per generalizzazioni, ovviamente. Le donne sono in forte ascesa, anche se in realtà sono sempre state una fetta di mercato fondamentale per l’artigianale, grazie alla loro spiccata sensibilità sensoriale e a un forte orientamento alla qualità in tutte le sue espressioni, anche le più estreme comprese le fermentazioni spontanee o le altissime gradazioni.

In generale preferiscono l’artigianale tutti coloro che, in generale, hanno un orientamento alla qualità ed alla diversificazione molto spiccato, oltre ad una importante componente di curiosità. Le disponibilità economiche pesano, sicuramente: però chi beve artigianale sa, ormai, che è meglio bere meno ma meglio». 

Come si collocano in termini di produzione media, caratteristiche della produzione, destinazione del prodotto ai canali di vendita? Quali sono le linee di vendita più utilizzate?

«La birra artigianale è ormai entrata in tutti i canali di vendita. Il canale horeca è sicuramente molto importante, perché è quello che supporta i pub specializzati ed i beer shop, la vera anima del mercato della birra artigianale. Ma in esso c’è anche il segmento della ristorazione, che soffre ancora alcune delle componenti fondamentali del prodotto artigianale, tra le quali il prezzo, la reperibilità continua e, comunque in sempre meno casi, anche la discontinuità delle cotte. La Gdo merita un discorso a parte, secondo me: la reperibilità dei prodotti artigianali sta crescendo, soprattutto tra gli stili cosiddetti “quotidiani”, ossia adatti ad un abbinamento a largo spettro e a momenti di consumo ordinario». 

Qual è la chiave del successo delle birre artigianali?

«La diversificazione della proposta è, secondo me, una delle chiavi dei futuri successi delle birre artigianali italiane: esse devono essere considerate compagne appetibili per tutti i nostri momenti di consumo, da quelli più ordinari a quelli più speciali. Non si tratta di prodotti da confinare nel segmento altissimo della gamma, ma di una vera e propria gamma, completa, disponibile e appetibile da tutti e in qualsiasi momento. A questo viene in supporto anche il takeoff deciso avuto dall’e-commerce, sia dei birrifici che attraverso piattaforme dedicate: il Covid ha sicuramente dato lo slancio a questo segmento, che però poi si è assestato su numeri di tutto rispetto».  

Vi sono adeguati corsi di formazione per diventare un produttore di birra artigianale?

«Assolutamente si: dal Cerb dell’Università di Perugia all’Accademia delle Professioni di Noventa Padovana, fino all’Università di Udine e mi scuso se mi sono dimenticato qualche altra istituzione impegnata in questo importante compito. È comunque importantissimo, come in ogni ambito artigianale, il “learning by doing” effettuato direttamente in sala cottura del birrificio. Altri percorsi formano con efficacia tutte le figure che supportano il birraio: i tecnici di laboratorio, per esempio, che svolgono un ruolo sempre più importante accanto ai professionisti della produzione. Ma anche coloro che lavorano nelle attività ancillari, come le malterie: in Umbria e Puglia ci sono le realtà più interessanti, il cui sviluppo è stato innescato dagli investimenti effettuati da alcuni operatori in queste regioni». 

Degustatori professionali: ci sono corsi? Quanto dura la formazione?

«Ovviamente si, e non ce ne sono mai abbastanza: in presenza, online, di primo approccio, professionalizzanti e per tutte le tasche. Possono durare una lezione di due ore come 15 ed essere su uno o più livelli. Noi di Unione Degustatori Birre manteniamo forte il nostro focus sul corso completo, professionalizzante, da 15 incontri senza differenziazione per livelli. Siamo attivi anche con un format di avvicinamento, da quattro lezioni, e con molte iniziative orientate alle aziende: sia per quanto riguarda la formazione degli agenti di vendita, che come partner per la creazione di esperienze brassicole durante i meeting e le convention aziendali. Il segmento incentive ci sta dando molte soddisfazioni». 

Perché un evento come Xcellent Beers è importante?

«Per varie ragioni. Innanzitutto è all’interno di Vinitaly, un contenitore magnifico di persone, argomenti, commercio e visibilità nazionale e internazionale per il comparto della birra artigianale italiana. In più, Xcellent Beers è un’area dedicata non solo alle birre, ma anche all’abbinamento con prodotti alimentari di grandissima qualità: invito tutti quanti a venire a conoscere gli “Amici delle Birre”, ossia i produttori di salumi, formaggi e creme dolci e salate, tutti artigianali, che faranno anche da accompagnamento di eccezionale efficacia alle birre presentate durante i nostri eventi nella “pairing area”. Avremo anche incursioni molto piacevoli presso lo stand del Consorzio del Parmigiano Reggiano, dove presenteremo la guida all’abbinamento tra birre e Parmigiani che l’Unione Degustatori Birre ha curato proprio con il Consorzio. Altro punto di forza: Xcellent Beers è fortemente dedicato all’horeca e, in particolare, alla ristorazione: i produttori propongono le loro creazioni in bottiglia, favorendo modalità di valorizzazione dei prodotti, dal servizio, al packaging, di particolare efficacia ed eleganza. È un evento unico, proprio perché garantisce il massimo risalto all’eccezionalità, alla qualità e alla spendibilità della birra artigianale italiana in questo fondamentale ambito commerciale. E grazie al denso programma di incontri con i buyers esteri, verranno create concrete opportunità di vendita anche al di fuori dai nostri confini». 

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